Il richiamo alle armi non risolve il rapporto di lavoro e il tempo passato sotto le armi, agli effetti della sola indennità di anzianità , si considera come passato in servizio presso l’azienda.
Agli operai richiamati alle armi è dovuto:
a) per i primi due mesi una indennità pari a quella corrisposta ai lavoratori addetti ai giornali quotidiani in caso di malattia;
b) successivamente a tale periodo e fino alla fine del richiamo, nel caso che il trattamento economico militare sia inferiore a quello riconosciuto in caso di malattia, un’indennità pari alla differenza fra i due trattamenti.
L’indennità di cui alla lettera a) non può essere concessa nel periodo di un anno che per l’ammontare di due mensilità della retribuzione anche se nel periodo stesso il lavoratore sia assoggettato a più richiami eccedenti i due mesi.
Il trattamento economico previsto dai commi precedenti verrà comunque assorbito, fino a concorrenza, dalle eventuali concessioni fatte dallo Stato al lavoratore o alla sua famiglia in caso di richiamo.
Terminato il servizio militare l’operaio dovrà presentarsi nel termine di trenta giorni all’azienda per riprendere il servizio; non presentandosi nel termine predetto sarà considerato dimissionario.
La chiamata alle armi per adempiere agli obblighi di leva sospende il rapporto di lavoro e l’operaio ha diritto alla conservazione del posto (D.L. 13 settembre 1946, n. 303).
Il tempo trascorso in servizio di leva è computato agli effetti del solo trattamento di fine rapporto.
Le norme di cui sopra si applicano agli operai che anteriormente alla chiamata alle armi siano alle dipendenze dello stesso datore di lavoro da oltre tre mesi e subordinatamente alla osservanza dell’obbligo da parte dell’operaio di porsi a disposizione del datore di lavoro per riprendere il servizio entro trenta giorni dal congedo o dall’invio in licenza illimitata
Per quanto non previsto nel presente articolo valgono le norme di legge.